"A tu per tu" con… Donato Carrisi

17Feb

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Redazione Koinè

L’evento è stato di quelli forti. Il protagonista principale, neanche a dirlo, importantissimo. È Donato Carrisi, scrittore originario di Martina Franca (Ta), che lo scorso 20 gennaio, con la presentazione al MARTE Mediateca del suo ultimo capolavoro, “Il tribunale delle anime” (Longanesi, 2011), ha tenuto a battesimo “Koinè”, la neonata Associazione culturale no profit di Cava de’ Tirreni.
 
Spente le luci dell’evento, ci siamo intrattenuti con Donato in una piacevolissima conversazione: il perché della scelta della “forma romanzo”, il “movente” che lo ha accompagnato nella stesura del suo secondo capolavoro e l’accoglienza riservatagli dalla “città dei portici”. Un fitto scambio di opinioni sulle eccellenze meridionali spesso bistrattate e degne, invece, di essere messe in evidenza. Questi i punti chiave della chiacchierata con lo scrittore partito dalla compagnia “Arte Viva” di Martina Franca e che, con “Il Suggeritore” (Longanesi, 2009), suo primo fortunatissimo lavoro editoriale, ha scalato le classifiche italiane ed europee ed è approdato negli USA con un padrino d’eccezione, Michael Connelly.

Una carriera, la sua, iniziata nel 1999 nell’ambito cinematografico. Ha composto, tra le altre, la sceneggiatura di “Nassiriya - Prima della fine” per Canale 5 ed è autore di soggetto e sceneggiatura della miniserie thriller “Era mio fratello” per Rai 1.

Parola, dunque, a Donato Carrisi.

Dopo tanto cinema e televisione, come mai hai optato per la letteratura, o meglio, per la “forma romanzo”?
Devo ammettere che “Il Suggeritore” lo avevo scritto per il cinema, solo che non ho trovato alcun produttore disposto a sposare il mio progetto. Se poi il romanzo ha riscontrato un ragguardevole successo, beh, gran parte del merito va all’amico Achille Manzotti: fu lui a consigliarmi di farne un libro. Quanto alla scelta del romanzo, credo che uno scrittore non abbia forme prestabilite, ma è la stessa storia che ti suggerisce quella più appropriata ed idonea per “farsi” raccontare.

“Il Suggeritore” ha venduto 600mila copie, di cui 250mila in Italia, è arrivato anche negli USA ed ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Visto il notevole trionfo, come mai hai deciso di non cavalcare l’onda del successo e hai preferito, invece, dedicarti ad un’opera completamente nuova?
Semplicemente perché quando scrivo mi devo divertire. E lo stesso divertimento deve accompagnare i lettori. Il tutto è nato da un desiderio di andare oltre. Certo, “Il Suggeritore” ha cambiato la mia vita ed “Il tribunale delle anime” è una sorta di prova con me stesso. Ammetto che gli anni intercorsi tra le due pubblicazioni, oltre alle ricerche del caso, sono serviti anche per non “tradire” la passione che mi accompagna in ogni nuovo libro.

Qual è stato il “movente” che ha fatto nascere in te la frenetica voglia di scrivere “Il tribunale delle anime”?
L’incontro con il “cacciatore del buio”. Dopo “Il Suggeritore” ero quasi pronto per una nuova pubblicazione. Ricordo il giorno in cui mi chiamò un amico poliziotto, informandomi di uno strano episodio su cui stava indagando. Ed in queste indagini era forte il ruolo di un uomo che si presentava come il “cacciatore del buio”. La storia era di quelle intriganti, così decisi di chiamarlo. Ebbene, il fascino ed il mistero che lo avvolgeva mi attrassero, così come il suo modo di comunicarmi l’appuntamento per vederci di persona: «Incontriamoci al calar del sole», mi disse. Dall’incontro che seguì scattò subito nella mia mente l’idea di comporne un romanzo. Tornando verso casa e nei giorni seguenti, infatti, la storia cominciava da sola a prendere forma nella mia mente, anche involontariamente. E da lì capii che dovevo portare alla luce questa storia.

Come ti sei “approcciato” a questa nuova pubblicazione?
Come se fosse stato il mio primo romanzo. Come uno scrittore “novello”, abbandonando tutti i crismi che avevano accompagnato il mio precedente lavoro e dedicandomi anima e corpo a questo nuovo thriller.

Ne “Il tribunale delle anime” qual è l’elemento (se c’è) che lega le storie della donna scomparsa, di Marcus e di Sandra?
Preferisco non rivelarlo per non togliere la curiosità ai lettori. Scoprirlo potrebbe essere un ottimo motivo per stimolare alla lettura.

Ad un certo punto scrivi: «Quando la giustizia non è più possibile, resta soltanto il perdono. Oppure la vendetta». Come spieghi questa netta contrapposizione?
Beh… il bene ed il male sono aspetti che caratterizzano ogni persona. Da un lato il perdono, che è commisurato alla stessa natura umana, dall’altro la vendetta, che comunque non può essere mai la “giusta” soluzione. Personalmente diffido da quelli che si definiscono “buoni”. Sono spesso coloro da cui stare alla larga.

Come mai hai deciso di ambientare il romanzo a Roma?
Volevo riappropriarmi della “mia” città. Roma è sempre stata “terra” di thriller stranieri e proprio questo mi ha indotto a realizzarne uno tutto italiano. A ciò bisogna poi aggiungere una fantastica scoperta: ho sempre creduto che l’archivio criminale più grande del mondo fosse quello dell’F.B.I, dell’Interpol o di Scotland Yard. Non mi aspettavo, invece, che esistesse in Italia, a Roma, e precisamente in Vaticano: è l’archivio della Penitenzeria Apostolica romana, quello in cui vengono raccolti i peccati mortali degli uomini e che serve come strumento criminologico per la conoscenza del male. Sulla base di quest’archivio si preparano dei profiler, proprio come accade per l’F.B.I. negli Stati Uniti, che poi affiancano le Forze dell’ordine nella soluzione di alcuni delitti. Ebbene, questi profiler sono dei preti, una cosa straordinaria che non potevo non raccontare. Si è trattato, infatti, di una vera sorpresa per me e per questo ho deciso subito di condividerla con i lettori.

Svelaci qualche aneddoto che ha caratterizzato la composizione del romanzo.
Un giorno mi trovavo in metropolitana ed all’improvviso sobbalzai alla vista di un uomo che si presentava in maniera identica ad un personaggio che avevo descritto nel libro. Quello è stato l’aspetto che definirei più singolare di tutto il lavoro che mi ha accompagnato nella realizzazione dell’opera.

Volendo definire “Il tribunale delle anime” con tre aggettivi, quali sceglieresti e perché?
Un padre non ha mai preferenze tra i suoi figli. Allo stesso modo non posso scegliere aggettivi per definire il romanzo. “Il tribunale delle anime” è intrigante proprio perché è “Il tribunale delle anime”!

Tornando al tuo recente soggiorno a Cava de’ Tirreni, che impressione hai avuto della città?
Un’impressione positivissima, tant’è che ho subito deciso di tornarci. Non so ancora bene quando, ma un giorno o l’altro lo farò sicuramente. Ho ricevuto un’accoglienza entusiasmante ed ho scoperto una città viva, un Sud che non si piange addosso e che per questo va raccontato.

Hai “inaugurato” Koinè. Qual è l’augurio che ti senti di porgere alla giovane Associazione culturale presieduta da Luca Badiali?
Di ritrovarci tra 20 anni con la stessa voglia di fare e soprattutto di vivere e crescere con la forza di dire: «Noi siamo diversi». Il sale della vita, a parer mio, è il cambiamento. Ma è un cambiamento inteso nel senso positivo del termine. Mentre il male, infatti, esiste e si ripete nel tempo sempre allo stesso modo, il bene ha più modi di manifestarsi, cambia e soprattutto può migliorare ognuno di noi, anche se non sempre e non tutti hanno la forza ed il coraggio di riconoscerlo. Per questo bisogna essere diversi, dobbiamo cioè imparare a riconoscerlo, apprezzarlo e soprattutto metterlo in pratica.

In conclusione, un saluto ai tanti amici de ilPortico.it ed ai tuoi numerosissimi lettori.
Come dicevo prima, bisogna sponsorizzare meglio le realtà ricche di eccellenze. Ed ilPortico.it ha proprio questa peculiarità: promuovere e sostenere con continuo entusiasmo le eccellenze di un Sud spesso conosciuto e fatto conoscere per i soliti luoghi comuni che contrassegnano il Mezzogiorno. Saluto con affetto i tanti lettori del portale e tutti i cittadini cavesi, porgendo loro l’invito a tenersi continuamente aggiornati sui fatti di Cava e dintorni mediante ilPortico.it. A tutti un caloroso augurio di un sereno 2012.

A noi della Redazione non resta che ringraziare Donato Carrisi per la sua disponibilità e rivolgergli un grossissimo in bocca al lupo per il suo romanzo “Il tribunale delle anime” e per tutti i progetti futuri. Ad maiora!

La Redazione

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