Cava de' Tirreni spalanca le porte a Moussa Koita

01Apr

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Redazione Koinè

L’immigrazione raccontata dagli occhi di un immigrato, che ha abbandonato la sua terra d’origine non per fuggire da una vita invivibile, ma per inseguire un sogno: fare un salto di qualità. In Senegal ha lasciato una moglie («ottava bellezza del mondo»), tre figli ed un lavoro già avviato, quello di agente di Polizia. In Italia è approdato all’inizio del nuovo millennio, al “richiamo” della sanatoria sui permessi di soggiorno per gli extracomunitari.

Qui ha vissuto tra Milano, Pordenone, Napoli e Cava de’ Tirreni (Sa), un po’ da clandestino, facendo il “vu cumprà”, ed un po’ da autorizzato, come operaio in una fabbrica di Azzano Decimo (Pn), dove attualmente risiede. Ha conosciuto i disagi della mancanza dei mezzi, le speranze di un cambio radicale della propria esistenza, l’integrazione affettiva, l’amicizia “smaliziata”, la solidarietà umana (soprattutto a Cava, con cui ha avuto «un amore a prima vista»), la parziale tranquillità dell’inserimento, ma anche il dolore dell’espulsione per effetto della legge Bossi-Fini.

È Moussa Koita, autore/protagonista del libro “Reato di clandestinità”, presentato ieri, giovedì 29 marzo, al Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni dal prof. Franco Bruno Vitolo e dalla dott.ssa Patrizia Reso durante l’appuntamento organizzato dall’Associazione culturale “Koinè”, dall’agenzia di comunicazione integrata MTN Company, da Grafica Metelliana e dal Comune di Cava de’ Tirreni in collaborazione con l’Associazione “Eugenio Rossetto”, il Punto Pace Pax Christi di Cava e la Caritas diocesana Cava – Amalfi.

Una vera e propria lente d’ingrandimento sulla situazione degli immigrati nella bella Penisola. Non di tutti ovviamente, e «non certo di quelli che in massa arrivano ogni giorno a bordo di gommoni», come ha affermato lo stesso Koita, «ma di quegli extracomunitari che, dopo anni di sacrifici e regolare lavoro, sono costretti a lasciare l’Italia solo perché, venendo meno il proprio contratto di lavoro, non hanno più diritto a soggiornarvi». «“Reato di clandestinità” - ha proseguito l’autore - è un libro che nasce dalla volontà di ribellione verso la legge “Bossi-Fini” ed, allo stesso tempo, dal profondo desiderio di spingere la classe politica attuale a ripristinare la precedente legislazione in merito».

Composto da 393 pagine, suddivise in 77 capitoli, “Reato di clandestinità” si presenta come un libro dalla lettura veloce, scorrevole e profonda. «Pur toccando il tema del disagio non solo di Moussa, ma di tutto un mondo, e pur mirando ad una critica di atteggiamenti istituzionali giudicati troppo rigidi, il libro è vario, accattivante e reso ancor più coinvolgente dalla brillante scrittura dell’autore», ha dichiarato il prof. Franco Bruno Vitolo, che, assieme alla dott.ssa Patrizia Reso, ha ripulito il romanzo di alcune ingenuità stilistiche e grafiche (conservandone comunque in pieno la scrittura, la composizione sintattica e lo spirito).

«Il libro - ha continuato Vitolo - apre uno squarcio interessante sulla vita degli immigrati, con un’angolazione rivolta alle loro esigenze dettate dalla precaria condizione patita, ma che di riflesso ci fa comprendere sia la mentalità di accoglienza e solidarietà di alcuni connazionali e sia come il mondo occidentale possa essere visto con serena criticità da un afroeuropeo».

E proprio sullo spirito di solidarietà, accoglienza e disponibilità si sono soffermati gli autorevoli interventi dei convenuti al tavolo, tra cui Rosario Pellegrino della Caritas diocesana Cava – Amalfi, Fernando D’Ursi dell’Associazione “Eugenio Rossetto” ed Antonio Armenante del Punto Pace Pax Christi di Cava. In particolare, è stato l’Assessore alle Politiche Sociali dell’Ente metelliano, Vincenzo Lamberti, a focalizzare l’attenzione sul rispetto verso il prossimo: «Cava de’ Tirreni ha aperto le porte della città, e non solo, all’amico Moussa, che ha trascorso nella nostra valle degli anni indimenticabili. Con la presentazione del suo libro lo riaccogliamo con estremo entusiasmo e ciò rappresenta per noi un’occasione importante per condividere la sua, e di tanti altri immigrati, storia di vita».

L’iniziativa è stata resa possibile grazie all’impegno profuso dall’Associazione culturale “Koinè”: «“Koinè” è un’organizzazione apolitica ed apartitica - ha spiegato il presidente Luca Badiali - Lavoriamo per diffondere la cultura e questo grazie ad un meraviglioso gruppo di lavoro. L’invito a partecipare alla presentazione del libro di Moussa Koita ci inorgoglisce per due aspetti principali: innanzitutto perché è la condivisione di un’esperienza di vita con tutti i suoi pro ed i suoi contro, ma anche e soprattutto perché ci fa capire che il nostro impegno nel campo culturale è apprezzato e condiviso».

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