A "Primavera Einaudi" rivive Vladimir Jankélévitch

04Apr

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Redazione Koinè

«Uno dei filosofi più intransigenti del ’900»: così Enrica Lisciani Petrini, Docente di Filosofia Teoretica presso l’Università degli Studi di Salerno, ha presentato ieri, martedì 3 aprile, presso il Punto Einaudi di Salerno, il filosofo ebreo di origine russa, ma naturalizzato francese, Vladimir Jankélévitch, scomparso il 6 giugno del 1985 a Parigi.

Impreziosito dagli autorevoli spunti di riflessione tracciati dagli illustri docenti Aldo Trione, Massimo Adinolfi, Giuseppe Cantillo, Maria Giuseppina De Luca e Francesco Tomatis, l’appuntamento ha costituito il nono appuntamento della rassegna letteraria “Primavera Einaudi 2012”, promossa dal Comune di Salerno - Assessorato alla Cultura, dal Punto Einaudi di Salerno e dall’Associazione culturale “Koinè” in onore del centenario della nascita di Giulio Einaudi.

“Il non-so-che e il quasi-niente” e “Da qualche parte nell’incompiuto” sono stati i testi (entrambi curati dalla Petrini) attorno ai quali si è sviluppata la discussione. «Francese di lingua e di cultura, nonostante il nome, Jankélévitch è un pensatore di cui si parla poco, anche alla luce del fatto che si tratta di una figura difficilmente inquadrabile in qualsivoglia linea di pensiero. Originale e versatile, egli svolge riflessioni che per lo più assumono la forma della critica musicale», ha esordito Aldo Trione, Professore Ordinario di Estetica presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

«Nella sua riflessione - ha proseguito Massimo Adinolfi, Ricercatore di Filosofia Teoretica presso l’Università degli Studi di Cassino - il problema musicologico è di primaria importanza e costituisce, per così dire, lo sfondo sul quale si possono leggere tutte le sue riflessioni filosofiche, quasi come se il pensiero filosofico dell’autore germinasse dalla riflessione sulla musica».

Dunque, la riflessione sulla musica è il luogo privilegiato per venire a capo del pensiero di Jankélévitch. Ed è proprio sul problema ontologico intorno all’essenza della musica che l’autore si misura costantemente con Henri Bergson, uno dei filosofi che maggiormente ha influito la sua formazione. Così come in “Da qualche parte nell’incompiuto”, libro costituito da una lunga intervista fattagli dall’allieva e scrittrice Béatrice Berlowitz, dove secondo Jankélévitch «come in uno spartito musicale, solo la capacità di seguire il ritmo dell’esistenza nel suo battito alternante consente di stringere in uno stesso nodo rigore e duttilità, responsabilità e intelligenza, profondità e leggerezza».

«“Il non-so-che e il quasi-niente” rappresenta, invece, l’emblema del fare filosofia di Vladimir Jankélévitch. Una filosofia che cerca di pensare il mutevole, l’ineffabile che non è l’effimero, inseguendolo in tutti i suoi infiniti meandri e nelle innumerevoli forme che via via va assumendo. Jankélévitch elabora una filosofia che si configura come capovolgimento metafisico delle categorie tradizionali, che rompe i legami con la scienza e con i valori dominanti. Eppure la sua riflessione non vuole sfociare in un nichilismo assoluto: al contrario, cerca di costruire una filosofia fondativa, che lui qualifica come “filosofia prima”, nella quale senso e non-senso si fondono insieme. Quello di Jankélévitch è allora rifiuto dell’ordine esistente e anelito verso un ordine “altro”, che è pur sempre un ordine ed a cui dà il nome di “ineffabile”», hanno specificato Giuseppe Cantillo e Maria Giuseppina De Luca, rispettivamente Professore Ordinario di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e Docente di Estetica e Filosofia delle Arti presso l’Università degli Studi di Salerno.

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